La militanza sindacale, nei vari stabilimenti del Cotonificio Valle Susa è piuttosto bassa, circa il 10%. Dalle testimonianze sembra proprio la manodopera maschile ad avere scarsa sensibilità per l’azione collettiva, sono più propensi a proteggere le differenze di salario, a mansioni uguali vengono corrisposte tariffe salariali estremamente diverse, maggiori per gli uomini, ed a mantenere libertà di movimento all’interno degli opifici.
L’istituzione dei turni di notte comporta, soprattutto per la manodopera femminile che deve anche badare alla casa e ai figli, pesanti disagi, inoltre certe lavorazioni sono causa di numerosi infortuni. Lavorare oltre alle ore stabilite dal contratto sembra essere una consuetudine della manodopera maschile e anche delle operaie nubili che vivono nei convitti religiosi.
Le azioni rivendicative con scioperi e, a volte, inusuali e concitate dimostrazioni di piazza, suscitano nelle donne grande paura, preoccupazione per eventuali ritorsioni padronali, interrogativi sulla loro durata e sulla loro efficacia o si interrogano su “cosa si porta a casa”, dato che il problema della sussistenza economica è sempre presente.
La maggior parte delle operaie, oltre ai pesanti carichi di lavoro, difficilmente può ritagliarsi momenti per la lettura, per l’informazione sindacale ed essere autorizzata a partecipare a forme di associazionismo politico e, in effetti, alla forte presenza di manodopera femminile non corrisponde un’adeguata rappresentanza negli organi sindacali.
Solo tra gli anni cinquanta e sessanta le donne otterranno importanti risultati: tutela della lavoratrice madre nel 1950 e divieto di licenziamento per causa matrimonio nel 1963.
Le prime cronache relative a scioperi ci riportano al 1899 quando i lavoratori della Manifattura Chiesa protestano contro l’introduzione di nuove tariffe di cottimo a cui corrispondeva di fatto una diminuzione delle paghe Dopo alcuni tentativi di mediazione la direzione si dimostra intransigente e licenzia tutti i manifestanti. Soltanto con l’intervento di alcuni sindaci le tessitrici vengono riammesse al lavoro, ma per i più attivi sostenitori dello sciopero il licenziamento è confermato.
Lungo il percorso del novecento ci soffermiamo sugli episodi terminali più significativi:

1965: lo sciopero generale dei tessili del 14 gennaio a Roma sottolinea la gravità della crisi del settore tessile e in particolare del Vallesusa che registra, per fattori interni ed esterni, preoccupanti regressi nelle vendite sui mercati esteri. Nell’ottobre giunge la notifica del suo fallimento a seguito del “crack” di Felice Riva. Si susseguono assemblee negli stabilimenti e si moltiplicano gli appelli a sostegno dei posti di lavoro, gli stanziamenti delle pubbliche amministrazioni e le sottoscrizioni a favore degli operai senza stipendio. Il segretario provinciale della C.I.S.L. Sergio Favro propone forme innovative di lotta; si accampa infatti in Piazza Castello, a Torino,  e prolunga per 4 giorni  lo sciopero della fame con altri sindacalisti e membri di commissioni interne, tra i quali anche i rivarolesi Ireo Ferrarini e Pietro Cassulo

1976: nello stabilimento di Rivarolo, che costituisce la parte terminale delle lavorazioni tessitura e finissaggio di qualità, lavorano 1.000 dipendenti. Il piano di ristrutturazione dellaMontefibre, nonostante i positivi andamenti di mercato del settore tessile, prevede un esubero di mano d’opera di 500 unità; l’azienda procede all’invio di 175 lettere di licenziamento.

Il 9 maggio i lavoratori occupano la direzione del cotonificio e nel pomeriggio si insediano nella sala Consiliare del Municipio ove, in serata, si svolge un Consiglio Comunale aperto durante il quale si decide concordemente di attuare uno sciopero generale.                                                                                                   Nella mattinata del 13 maggio un corteo di 2.000 persone si snoda lungo le vie della città: chiusi i negozi, gli uffici, le banche, le scuole cantieri e le altre fabbriche. Davanti al Municipio si uniscono al corteo il Sindaco Domenico Rostagno e l’amministrazione al completo, accompagnata dal Gonfalone della città, e al termine, presso il Monumento ai Caduti di Corso Torino, si svolge un comizio a più voci, comprese anche le rappresentanze studentesche.
Il 27 giugno, in mancanza di aperture da parte della Montefibre, il Municipio è nuovamente occupato dalle maestranze poste in cassa integrazione a zero ore e senza stipendio.

1981: per protestare contro i tagli occupazionali per cui oltre 300 operai rischiano il posto di lavoro e per sollecitare un incontro a livello governativo si decide di presidiare lo stabilimento. Si dovrà aspettare il 1982 perché la sorte del cotonificio di Rivarolo risulti definita e perché si ottengano garanzie per gli operai in cassa integrazione
Nonostante le azioni sindacali il reparto tessitura viene infine ceduto ad Inghirami; nelle due unità produttive in cui è stato smembrato lo stabilimento, risultano occupate soltanto più 250 persone.